sabato 21 maggio 2011

Interviste dei Briganti: "Pino Aprile"

di Valerio Rizzo




Ho incontrato Pino Aprile, l’autore del best seller Terroni che sta spopolando in libreria ormai da un anno. Inizialmente avrei voluto porgli io una decina di domande, ma poi ho deciso di far partecipare la gente e utilizzando la pagina “sudista” più famosa di Facebook, “Briganti”, ho proposto agli iscritti di formulare domande. E’ nata un’intervista straordinaria, durata più di 40 minuti, in cui sono emersi contenuti inediti che vi propongo in esclusiva.

Domande di Valerio Rizzo:

1.1. 1)Giorni fa a Mormanno (CS) hai affermato che la Calabria sta inventando il nuovo Sud, cosa intendevi con precisione? E ciò che sta succedendo in Calabria è esportabile alle altre regioni?

Pino Aprile: si, dicevo questo della Calabria perché, mentre in Sicilia i movimenti che stanno raccogliendo le istanze meridionalistiche fanno più riferimento a partiti politici, a poteri istituzionali, e mentre in Puglia l’elaborazione è quasi esclusivamente di tipo concettuale (vedi la nuova produzione editoriale, soprattutto per quanto riguarda il campo economico e cito fra tutti Gianfranco Viesti, il migliore), per fornire una base all’analisi e alla ricerca di soluzioni, la Calabria è costretta a partire dalle condizioni peggiori con una presenza mafiosa radicata nel territorio più ancora che in Sicilia, più ancora che in Campania, e una disponibilità economica notevolmente inferiore a quella della Puglia e della Sicilia, ecc. Ora se è vero che la necessità aguzza l’ingegno, è anche vero che bisogna avere coraggio e i giovani calabresi stanno inventando il proprio futuro con la creazione di associazioni, cooperative, e comunque tramite strumenti che tendono ad associare, ma tenendo ai margini la politica istituzionalizzata, i partiti. Il Calabria Day che si è tenuto a Reggio Calabria ha mostrato cosa sta succedendo con il racconto di esperienze, almeno una settantina, di questi gruppi di giovani calabresi che in condizioni pazzesche, orribili, con una inventiva e un fegato che non vedo altrove stanno disegnando una nuova strada. Se qualcosa davvero avverrà al Sud partirà dalla Calabria e partirà da quei giovani.

 1.1. 2)Gramsci ha avuto il merito di aprire una “breccia” nella censura storica poiché agli inizi del ‘900 ha avuto il coraggio di parlare del brigantaggio. Ma gli “utilizzatori” di Gramsci negli anni a venire hanno ridotto l’intero fenomeno ad una lotta di classe che sarebbe stata scongiurata attraverso una riforma agraria. Allora chiedo, molto provocatoriamente, ma se i nazisti avessero fatto la riforma agraria non ci sarebbe stata la Resistenza ed i Partigiani? Non credi che ridurre l’intero fenomeno a lotta di classe per una mancata riforma agraria abbia contribuito a bloccare per un secolo la diffusione delle verità storiche?

Pino Aprile: come nei gialli vale “cherchez la femme”, nella storia vale “cerchez l’ argent” e cioè i soldi, perché è da li che tutto si muove. L’economia muove la politica, la politica muove l’economia, c’è un feedback fra le due forme di potere. Un esempio: come ha sintetizzato Isaia Sales, al Nord l’economia fa la politica, al Sud la politica fa l’economia; ovviamente sono sintesi estreme, ma rendono l’idea, basta guardare che cos’è oggi il mondo dell’economia e della politica, spesso coincidono e stanno al governo. Quindi anche nel Risorgimento, e subito dopo, fu un ridisegnare l’economia che dettò la politica. E l’economia che condusse all’Unità d’Italia, lo ha dimostrato splendidamente nel suo libro postumo Nicola Zitara, fu la speculazione finanziaria e non la rivoluzione industriale, quella al Nord venne solo una ventina di anni dopo l’Unità d’Italia. La speculazione finanziaria cavalcò gli ideali unitari, che c’erano e erano potenti, e portò prima all’unificazione d’Italia, poi a rastrellare denaro in tutti i modi al Sud; inclusa la creazione di immensi latifondi al Sud con la sottrazione dei beni ecclesiastici e la loro svendita ai feudatari e alla borghesia compradora (che compare in tutte le colonie), a cui si concesse anche di appropriarsi delle terre usurpate e contese da decenni.
Questa è stata una delle principali cause del Brigantaggio: i contadini e i senza terra che si erano visti sottrarre l’unica forma di sostentamento (gli usi civici), che li aveva sempre tenuti legati alla terra, poiché per quanto poveri fossero, era difficile che diventassero miseri avendo il diritto di coltivare, di raccogliere e di utilizzare terre comuni. Rotto questo equilibrio, con le armi, con i massacri con gli stupri perché nessuno si fa ridurre in miseria volontariamente, tutto quello che è venuto dopo non è stato che conseguenza, fino alla fuga, l’emigrazione. Quindi quello che scriveva Gramsci non doveva passare, ma fu scritto e detto anche in Parlamento anche prima di lui, perché si pensa che non si possano raccontare le cose come sono, quando possono produrre danno; non lo si fa nemmeno adesso.

1.1. 3)Sappiamo che stai scrivendo il nuovo libro, ci puoi dare qualche anticipazione su cosa tratterà?

Pino Aprile: Il vero difetto dell’incomprensione del Mezzogiorno è che non lo si conosce. Io stesso, che pure mi dedico a queste cose e sono meridionale, studio il Mezzogiorno, scrivo libri, andando in giro per il Sud, come mai avevo fatto in vita mia, ho avuto e ho modo di cogliere meglio fermenti di tutti i tipi che si stanno agitando al Sud. Alcuni sono così piccoli che nessuno ne parla, ma secondo me è la somma di queste piccole gemme che alla fine creerà una foresta, se non arriva la gelata. Voglio raccontarne un po’…

Domande degli iscritti:

ATTUALITA’:

Mariella Battaglia:
Il federalismo potrebbe essere la soluzione o accentuerebbe ancora di più il divario tra Nord e Sud Italia?

Pino Aprile: il federalismo sarebbe una soluzione se fosse davvero equo e solidale. Lo sarebbe se tutte le regioni d’Italia potessero disporre delle stesse condizioni di partenza: strade, ferrovie, aeroporti, banche. Ma non è così: il Nord ha tutto, il Sud ha niente. In queste condizioni ci vogliono far credere che il federalismo sarebbe: “ognuno mostri come è bravo a gestire le proprie cose”, ovviamente è una truffa. Discutere di federalismo con questa gente qui, cioè con questo branco di razzisti (anche se non tutti i leghisti lo sono), è come discutere del colore della corda con cui il boia ti deve impiccare.

Luciano Marino:
Nelle varie località (e sono davvero tante) dove in questi anni ha presentato il suo libro, avverte una volontà di riscatto forte o siamo ancora agli inizi? Secondo lei in che modo il nord giudica e valuta questo fenomeno meridionale in tutte le sue componenti? E’ possibile che lo considerino un fenomeno di cui sorridere o lo temono davvero?

Pino Aprile: C’è una parte del Sud che fortunatamente è in crescita e che quindi presta orecchio a queste cose, ma il Nord praticamente lo ignora e preferisce continuare ad ignoralo perché non lo ritiene importante, non lo interessa, è una roba da sconfitti, da “minus habens” nel senso di quelli che meno hanno, meno contano e quindi perché perdere tempo con loro.
Così, nella commissione per il federalismo, è solo il Nord che decide. Mentre al Sud i fermenti che si stanno muovendo sono di vario tipo, alcuni potentissimi, basti pensare che a distanza di 60 anni dalla vera e propria guerra civile che ci fu in Sicilia per l’autonomia e l’indipendentismo, un movimento autonomistico ha la presidenza della Sicilia. E altri fermenti minuscoli, ma tanti, si muovono in paesini, in piccole realtà; si ignorano a vicenda, ma piano piano si stanno connettendo: devono imparare a sapere reciprocamente che esistono.

Daniele Bramato:
Quanto tempo ancora bisogna aspettare affinché tali verità scritte nel suo libro siano di dominio pubblico e vengano inserite nei libri di scuola?

Pino Aprile: onestamente non lo so, però so una cosa che è vera, e la cui spiegazione si trova in fisica, in chimica e nei fenomeni sociali: i grandi rivolgimenti sono improvvisi, repentini e avvengono dal punto dell’Universo in cui nessuno sta guardando; quindi tutti guardano, per uscire dalla metafora, al Nord d’Italia dove è la Lega, dove è Berlusconi, dove è Tremonti, dove è il potere. E invece le cose cambieranno da Sud. Quando questo succederà, e può succedere da un momento all’altro, come conseguenza porterà un aumento di verità anche nei libri di scuola.

Giovanni Bellantoni, Gennaro Del Core, Isadora Duncan:
Qual è la chiave per la svolta? Ce la faremo a cambiare mentalità? Adesso, che si fa?

Pino Aprile: sta già cambiando, è già cambiata. La questione ora non è più sul cosa ma è solo sul quanto. È solo questione di numeri adesso.


POLITICA:

Luca Achito, Andrea Mastice, Alessandro di Ianni,Stefania Frustaci:
Qual è la ricetta per far nascere una nuova classe politica del Sud? Esiste attualmente un partito affidabile e veramente “sudista”?

Pino Aprile: Se ci fosse sarebbe già stata applicata, ci sono delle tecniche dei sistemi, li applicava una volta il Partito Comunista con la formazione della sua classe dirigente, la DC lo faceva per altri versi, la Lega lo ha fatto in un’altra maniera, sono fenomeni abbastanza lunghetti. Io invece vedo che una possibile classe dirigente si sta formando da sola al Sud. I giovani di “Io Resto in Calabria”, sono già classe dirigente. Torniamo al punto di prima, cioè adesso abbiamo già le cose, mancano i numeri.

Franco Falbo,Caterina Azzarà,Domenico Capobianco,Antonio Musto,Agostino Abbaticchio:
Esiste ormai un fuoco che arde nel mezzogiorno, ma manca una struttura politica che sostenga le istanze del popolo, manca una guida. In che misura ti esporresti per dare unità al nostro popolo

Pino Aprile: io credo che ognuno debba continuare a fare le cose che sa fare, al meglio che può. Io credo di essermi già esposto. Oggi, dopo Terroni, non potrei più fare il direttore di un settimanale nazionale perché mi etichetterebbero come meridionale, mentre il contrario per un settentrionale, per esempio, non è dato. Se ti esponi da settentrionale puoi dirigere giornali nazionali perché il Sud non conta.

INDIPENDENTISTI:

Antonio Circelli, Julio Morra, Vincenzo Russo, Vincenzo Serio:
In Europa molte regioni di Stati nazionali hanno istanze indipendentiste, come in Spagna, Francia, Gran Bretagna, ecc; il futuro potrebbe essere un’Europa dei popoli e non più degli stati- nazione?
Che ne pensa dell’indipendenza? In che termini e tempistica potrebbe realizzarsi e rappresentare una possibile soluzione?

Pino Aprile: io sono tendenzialmente contrario a tutto ciò che fa nascere frontiere. L’indipendenza deve essere mentale, ognuno di noi deve essere indipendente, agire da indipendente; dopodiché se vengono a cadere gli Stati nazionali (e mi auguro che cadano), in un’Europa che diviene un territorio comune, l’arricchimento delle proprie specificità non è un separarsi ma è un aumentare il valore dell’Europa tutt’intera. Vuol dire scambiare più cose con gli altri, sapendo di essere in una comunità, larga, ma una. Borges parlando delle guerre mondiali le chiamava le guerre civili europee, perché dal Sud America vedeva l’Europa come un unico paese. Quindi giù le frontiere e in alto gli scambi, è come un pic nic: uno porta la lasagna, un altro porta pasta e fagioli, un altro porta i friarielli, tutto al centro e tutti mangiano da tutti e alla fine abbiamo mangiato meglio perché abbiamo condiviso, ognuno restando se stesso.

Luigi Ferrara:
Riconosce nel popolo napolitano la vera identità dei "meridionali" continentali ancora oggi, anche perché inconsciamente lo manifestano non solo attraverso la storia, la cultura comune e la lingua, ma anche attraverso il loro senso di appartenenza e la loro solidarietà reciproca?

Pino Aprile: ma no! Queste identità anche quando, ed è dimostrato, le si vuole soffocare alla fine riemergono sempre. Cos’è tutta questa risorgiva adesso? Non voglio complicare il discorso, ma più di quarant’anni fa un grande biologo, Richard Dawkins, ebbe un’ intuizione che ha cambiato la biologia, e cioè che il darwinismo, la lotta per la prevalenza, non si fra gli esemplari delle specie, ma tra i geni. E quindi il gene degli occhi celesti lotta per prevalere sul gene degli occhi neri, che poi gli occhi celesti ce l’abbia un cane huski o Brigitte Bardot al gene degli occhi celesti non gliene frega niente. Però, Dawkins si fece anche una domanda: siccome siamo sottoposti a evoluzione naturale e ad evoluzione culturale, perché siamo Homo sapiens sapiens, qual è il gene della cultura? Badate che il gene è immortale, cioè una volta nato, per il gene è sempre la prima volta, non muore mai; e Dawkins concepì l’esistenza dei meme, il gene della cultura. Anche i meme come i geni, non muoiono mai, e una volta nati riemergono sempre. L’indentità è fatta di meme; se questo è vero, la napolitanità riemergerà magari tra sette secoli in un pastore di renne in Lapponia perché lì ci è arrivato qualcuno di Torre del Greco.

STORIA:

Giovanni Cantarelli:
E' stata mai fatta una richiesta formale per la visione dei documenti top secret sull' unità d'Italia e se è si, cosa hanno risposto, visto che i documenti top secret dopo 30 anni non hanno più questo vincolo?

Pino Aprile: io non l’ho fatta, chi ha tentato di farlo si è sentito rispondere che non esistono e qualche altro si è sentito dire, in un caso specifico, che non sono ancora stati catalogati. Evidentemente gli è mancato il tempo, appena 150 anni! Quindi dategli un po’ di tempo!

Quei Patrioti Chiamati Briganti:
Vorrei conoscere il suo pensiero su Cavour e Garibaldi? Cosa si dovrebbe fare del museo Lombroso di Torino?

Pino Aprile: Cavour era un grandissimo giocatore di carte, infatti passò la sua giovinezza giocando d’azzardo a Parigi somme mostruose che a volte vinceva e a volte perdeva, ha diretto il suo Paese alla stessa maniera e non è un caso che Cavour sia stato uno dei capi di quella linea di speculazione finanziaria ed economica da cui poi è venuta fuori la gestione dell’intero Paese. Garibaldi rappresenta bene il suo tempo, è una figura complessa, il suo idealismo era vero, lui, come dice la pronipote e dice il vero, lui si sarebbe alleato con il diavolo per fare l’Italia Unita e la contraddizione Garibaldi trafficante di schiavi ma allo stesso tempo combattente per la libertà dei popoli era la contraddizione tipica di quel tempo. Cioè la libertà era per gli europei un dogma, ma gli altri non erano europei... Giudicare con gli occhi di oggi, falsa il giudizio. Il museo Lombroso di Torino? E’ un ossario e quindi buttiamolo in un ossario.

Antonio Boccia:
Vorrei chiederle se le andrebbe di farsi portavoce per istituire una fondazione, come hanno fatto gli israeliani, con lo scopo di creare un luogo della memoria, un museo,un sacrario, un qualcosa di reale e tangibile che ricordi la nostra drammatica storia e che rimanga negli anni a venire, in modo tale da poter essere visitato e toccato con mano dagli studenti e da tutti quelli che non sanno?

Pino Aprile: ci sto tentando da più di un anno, è difficile muovere istituzioni, però lentamente io sono convinto che ci arriveremo. Io penso non a un luogo, ma a una rete di santuari della memoria che abbia come centro Pontelandolfo e Casalduni e come collegamenti Civitella del Tronto, la Rocca di Messina e Mongiana. Ognuna di queste località a rappresentare uno degli aspetti: Mongiana la morte dell’industria, Civitella l’ultima rocca e via di seguito. Ci si arriverà, io ne sono convinto.


LIBRO:

Ciro D'Arco:
Il termine terrone, cosi troppo spesso utilizzato, a volte con fini goliardici, a volte addirittura come una sorta di autocompiacimento, non rischia di rafforzare una già esistente base di subordinazione e soggezione rispetto al nord? Se non erro l'appellativo è stato ritenuto da un tribunale termine dispregiativo a contenuto offensivo.

Pino Aprile: io condivido con i Neo-Borbonici un’idea, e cioè che se un recupero di dignità deve avvenire, deve cominciare dalle parole. Pensate, per fare un esempio, alla parola Brigante; ancora fino a qualche anno fa brigante era infamia e chi aveva avuto un brigante in famiglia non lo nominava. Adesso invece per farci i complimenti ci si chiama: “uè brigante”. Per terroni credo che stia già avvenendo questo.


MASS MEDIA:

Francesco Scinia:
Visto il successo straordinario del libro, ripreso anche dall'omonimo spettacolo teatrale di Mimmo Cavallo, è ipotizzabile una diversa forma di divulgazione del suo contenuto, ad esempio un documentario cinematografico/televisivo, che consenta di raggiungere un target di pubblico più ampio?

Pino Aprile: ho visto dei programmi che hanno ripercorso il libro senza citarlo, ma non fa niente l’importante è raccontare le cose. C’è la possibilità che un progetto cinematografico possa vedere la luce, mi è stato chiesto, ho dato l’ok, adesso vediamo se ci sono le condizioni. il cinema è un’industria, richiede la concorrenza di molte forze di tipo culturale, ideativo, tecnico, finanziario, ecc., ma non sono cose di cui mi occupo perché non ne capisco niente.


DOMANDE DA PARTITI/ASSOCIAZIONI:

Enzo Riccio, Partito del Sud:
Vorrei chiederle se e a quali condizioni guiderebbe un'aggregazione di forze politiche meridionaliste; sarebbe per l’idea di combattere da soli o cercare alleanze, ed in questo caso con chi?

Pino Aprile: io tenderei ad escludere la mia partecipazione diretta perché, capisco che, per via del libro, per via dell’attività che ho svolto finora andando in giro, incontrando decine di migliaia di persone, io possa rappresentare un punto di riferimento, però io la vedo come una scorciatoia. Se io divento il punto di incontro, significa che quelli che si devono incontrare non sono capaci di farlo da soli; se c’è bisogno del collante vuol dire che quelli che da incollare non sono incollabili, e se invece sono incollabili, e quindi hanno raggiunto la maturità politica per poterlo farlo, io non servo come collante. Il cercare alleanze o andare da soli, invece, non è più strategia, ma tattica, e significa che di volta in volta si vedono le condizioni e lì scatta l’essenza della politica che è l’arte del possibile. Cosa è possibile fare per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo e li scegli al momento.  


Flavia Sorrentino, Insieme per la Rinascita:
Esiste, secondo lei, una tendenza di una parte politica ed intellettuale, a ricusare la verità storica e a rifuggire da una politica meridionalista, per non correre il rischio di sembrare “Leghisti” del Sud ?

Pino Aprile: La Lega è razzista, il movimento meridionale non può esserlo. La Lega per poter contare si è dovuta inventare un’identità padana che non esiste e opporla alle altre per esercitare il razzismo (l’essenza del razzismo è esaltare qualcosa che non c’è, per sentirti qualcosa che non sei, superiore; mentre, se hai bisogno di questo, sei un poveraccio). Un movimento meridionale non può essere razzista perché non ha bisogno di inventare un’identità, ce l’ha, millenaria, e non gliene frega niente di proclamarla superiore alle altre, per rafforzarla. Per spiegarlo meglio: prendiamo un’identità e buttiamola nel vuoto, Australia: il siciliano in Australia è siciliano; voi conoscete un’identità padana in Australia? Magari friuliana perché è un’identità, veneta, accidenti, perché è l’identità di uno degli stati più longevi nella storia dell’umanità, bergamasca, valtellinese, ma padana no, non c’è, non esiste, è un’invenzione, è come le paure dei bambini, del buio (se accendi la luce non c’è). Non può esserci una Lega del sud razzista!
Quindi se gli intellettuali o politici hanno paura di parlare delle verità storiche per non essere tacciati di leghisti del Sud fanno male. Ma io più che paura vedo una forza di inerzia, si è andati avanti così e così si continua, quelle conoscenze, quella cultura è stata costruita su basi che si chiamano Benedetto Croce, ecc., e si sono create una serie di cose che erano funzionali al progetto risorgimentale unitarista pensando che l’orribile verità avrebbe potuto distruggere il costrutto. Invece, se nascondi distruggi, se racconti condividi: il vero e unisci.
Io racconto sempre quello che mi è successo nell’astigiano dove dopo aver parlato di Pontelandolfo e Casalduni: si alza un signore degnissimo, una figura risorgimentale da bersagliere, e in stretta cadenza piemontese, gli tremava la voce, occhi lucidi, comincia a dire: “Noi abbiamo fatto questo?” “I bersaglieri hanno fatto questo?” “io che ho portato i miei figli il 2 giugno ad applaudire la fanfare!”. Si gira verso la sala e continua: “Noi dobbiamo noleggiare dei pullman, andare in questi paesi e chiedere scusa”. Gli ho risposto: “Lei non deve chiedere scusa a nessuno, non è stato lei a farlo”. Quando condividi verità, la stragrande maggioranza della gente è come quello lì, è gente per bene, è gente onesta, bisogna avere fiducia negli onesti. Condividere verità significa unire, non dividere e chi, intellettuale e non intellettuale, fa altri tipi di discorsi sta chiudendo la mente. Aprendola ci guadagniamo tutti.

Marco Zamparelli, Insieme per la Rinascita:
Cosa ne pensa dell'ultimo libro di Lorenzo De Boca, "polentoni".
Un libro in totale controtendenza con i suoi precedenti scritti, e che richiama chiaramente sia nel titolo che nella copertina il suo best seller "Terroni".
Crede che abbia voluto approfittare dell'onda mediatica o eravate d'accordo sull'uscita di questo libro?

Pino Aprile: non doveva certo mettersi d’accordo con me per fare un libro, è nella sua libertà di autore. È chiaramente un’operazione editoriale legittima, e lo stesso editore, visto che gli stavano copiando la copertina e i caratteri da parte di editori concorrenti ha deciso di farlo lui, visto che è una sua invenzione grafica.
Nel libro di Del Boca c’è un’altra visione, da Nord, degli stessi fatti, si può condividere, non condividere, in parte o tutto. Discutiamone, non è un problema, intanto è uno strumento che prima non c’era, dice delle cose su cui si può ragionare. Finché vengono fatte con l’onestà di voler riferire qualcosa e discutere qualcosa mi va bene tutto, non rifiuto nessun interlocutore, figuriamoci Lorenzo! Rifiuto solo quelli che partono con l’idea che devono sconfiggere l’interlocutore e prevalere sull’altro, questa è imbecillità. Discutere è come mangiare, è uno scambio e se discuti aprendo la mente, anche se ti confermi nelle tue idee, hai degli spunti per arricchirle, quindi perché chiuderci, parliamone.

Grazie Pino per il tempo che ci hai dedicato

Pino Aprile: grazie a voi
 

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